Centro Culturale "Mons. Lorenzo Bellomi"

IO SONO QUI

Una sfida sempre nuova

Mario MELAZZZINI
Emmanuel EXITU
Venerdì 05 ottobre 2012 - ore 18:00
Palazzo dei Congressi "Stazione Marittima" - Trieste

Come consuetudine del Centro Culturale, abbiamo organizzato un incontro per presentare una testimonianza su chi soffre o su chi si ttrova a trattare la sofferenza. Quest'anno abbiamo usato una formula nuova, presentando un documentario sulla vita di un malato di SLA (sclerosi laterale amiotrofica). Questo "paziente" particolare è il dott. Mario Melazzini, il documentario si intitola "Io sono qui" del regista Emmanuel Exitu.

All'incontro era prevista anche la presenza del dott.Melazzini, ma una diretta TV da Roma in preparazione della "Giornata Mondiale per la Cura della SLA", non prevista al momento dell'organizzazione dell'incontro, e lo stress che ne è conseguito, hanno trattenuto a Roma l'ospite tanto atteso.

Quello che segue è un articolo scritto per il settimanale della diocesi di Trieste "Vita Nuova" da Stefano Bochdanovits.

Venerdì sera, 5 ottobre, esco entusiasta e carico di speranza dalla Stazione Marittima. Cosa mi è successo? Ho visto e ascoltato un testimone, un medico, un malato, un uomo, attraverso un documentario realizzato su di lui da Emmanuel Exitu, giovane regista bolognese, proiettato a Trieste dal Centro Culturale Mons. Bellomi.

Il protagonista è Mario Melazzini, un medico di successo che, ad un certo punto della vita, scopre di avere la SLA, la terribile malattia che porta alla morte lentamente, inesorabilmente, paralizzando i muscoli volontari che servono a mangiare, a parlare, a respirare, a camminare, a muoversi.

Un grande luminare, nel 2002, gli formula la sua diagnosi allargando le braccia: “Vede, Melazzini, lei ha la Sclerosi Laterale Amiotrofica, ed io mi fermo qua”.

Tutto crolla: la laurea in medicina a 24 anni, il matrimonio e tre figli meravigliosi, la professione di oncologo e la carriera di successo, le passioni sportive, le gite in bicicletta e in montagna, il gusto dell'amicizia. “Non è più possibile vivere”, pensa, e inizia ad informarsi sul suicidio assistito. Prende appuntamento con una associazione svizzera specializzata. Ma prima di partire, durante una gelida telefonata con un addetto, qualcosa non torna.

Mario decide di ritardare la decisione. Vuole aspettare. Va a trascorrere alcuni mesi in Valtellina con una badante, e rivede le montagne che tante volte aveva scalato con gli amici. Le vede lontane, irraggiungibili. Sente un dolore profondo. Ma un giorno, nel silenzio, scopre una cosa sbalorditiva: sono belle di per sé! La loro bellezza non dipende dalla conquista, dalla scalata. Ma perché ci sono e basta. Intuisce: anche la vita può essere bella solo perché c'è. “Farla finita è quello che voglio davvero?” Si può vivere anche così? “Guarire servirà a qualcosa senza queste domande?”

E' la svolta imprevista. Ora l'obiettivo non è più la guarigione, ma la cura, l'attenzione alla realtà, il lavoro, uno sguardo infinitamente più grande della malattia.

Il filmato che ho visto venerdì (IO SONO QUI. Sette giorni di appunti dalla vita di Mario Melazzini. Medico – Malato – Uomo) documenta in modo straordinario il suo desiderio di vivere per testimoniare l'accaduto. E' bellissimo per me vedere la sua quotidianità, il suo muoversi in carrozzina attraverso corsie di ospedale e strutture modernissime, incontrando pazienti e colleghi. La sua umanità contagiosa si coglie negli occhi, nel sorriso e nel rapporto immediato che instaura con le persone. Ha una battuta o un consiglio per tutti. Ride, scherza, non è triste. Si mostra per quello che è: un medico che condivide la fragilità dei suoi pazienti, che impara da loro, che infonde coraggio raccontando che la SLA, se si vuole, si può combattere facendo in modo diverso tutte le cose che si facevano prima. Non nasconde la sofferenza, e si vede quanto conta la compagnia, la bellezza dell'ambiente, l'affidamento sulle persone, la speranza nella ricerca scientifica, la tecnologia. E anche l'amicizia di Ron, il cantante, che sente come un fratello da quasi trent'anni, e di cui aveva previsto il successo sanremese.

Mario oggi è Presidente dell'Associazione e dell'Agenzia di ricerca sulla SLA, Direttore scientifico del Centro Clinico NeMO della Fondazione Serena-A.O.Niguarda e della Fondazione Maugeri, Responsabile della Programmazione Sanitaria per la Regione Lombardia. Sono tutte realtà di cura e di ricerca sulle malattie neurodegenerative, ma servono anche a promuovere un'adeguata cultura sociale dell'assistenza, della sussidiarietà, delle politiche per i disabili.

Ma ciò che più mi ha commosso è la speranza che la sua testimonianza e le sue parole riescono a infondere: “Anche con limiti enormi, io sono ancora il protagonista della mia vita. Quando scopri di avere una malattia inguaribile, pensi che la tua vita sia finita. Invece, poi, fai strane scoperte. Per esempio: arrendersi non serve a niente; la vera malattia è nell’anima; la vita è bella (non solo nei film, anche nella vita). E d’inguaribile c’è solo la mia voglia di vivere”.


Stefano Bochdanovits


Il regista Emmanuel Exitu

Marco Gabrielli presenta Emmanuel Exitu



Il pubblico nella sala Oceania ABC della Stazione Marittima.


Veduta d'insieme.

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